Cavalese 2023: il corso in dettaglio

Relazione a cura di Angela Passadori

 

 

Cavalese, 4 settembre 2023: si comincia!

Con la consueta atmosfera allegra e in un clima ancora estivo, la prima giornata del corso si apre con il saluto in videochiamata del Presidente Luciano del Rio. Il vicepresidente Sergio Brunello prende la parola e ci ricorda che, grazie alla lunga collaborazione con l’Azienda di Promozione Turistica della Val di Fiemme, Aiarp ha realizzato a Cavalese 23 anni di convegni presentando in questo arco temporale circa 70 relazioni tecniche. Brunello ci ricorda poi che il prossimo Congresso Europiano si terrà a Norimberga dall’8 al 10 marzo 2024, e sollecita ai presenti la partecipazione. (informazioni aggiornate al riguardo si possono trovare all’indirizzo www.europianocongress.com) Il vicepresidente menziona anche il recente esame Europiano, superato con successo dai 7 candidati italiani.

Cavalese 2023 | la platea dei partecipanti al corso tecnico

 

A proposito di vernici

Valerio Rampin, titolare della nota ditta “LARA”, è il primo relatore della giornata: nel corso del suo intervento illustra agli uditori come realizzare piccole riparazioni su danni al poliestere. L’esposizione risulta chiara e concreta, ed è completata da esempi pratici eseguiti e spiegati su due fianchetti di consolle di pianoforte verticale (uno dei quali prelavorato) al fine di ottimizzare i tempi.

Il relatore ci mostra innanzitutto il materiale necessario: poliestere liquido, di marca ICA (in questo caso già di colore nero, nonostante in origine il poliestere sia una lacca trasparente), e già addizionato di accelerante al 2%. L’ammaccatura sul fianchetto era stata predisposta alla riparazione con pulitura con acetone da eventuali tracce di pennarello e carteggiata, così da favorire un’adesione ottimale del poliestere.

Ci viene mostrato come creare la “diga” di contenimento con nastro carta, e come colare il prodotto, addizionato all’ultimo momento anche con catalizzatore. Anche il catalizzatore va aggiunto nella proporzione del 2%, ma attenzione! Mentre il prodotto contenente accelerante può durare alcuni mesi, dopo l’aggiunta di catalizzatore dura strettamente il tempo della lavorazione.

 

Finitura

La lavorazione di finitura avviene poi sul fianchetto prelavorato, in quanto la lacca necessita di molte ore di essiccazione. Valerio Rampin procede quindi alla levigatura, prima con cartavetro grossa (150) su un tappo di legno feltrato: i contorni vengono protetti con carta nastro e gli spigoli vengono arrotondati senza lavorarli troppo. Si passa quindi a carta 220, poi 240: a questo punto si inizia a lavorare lo spigolo; si procede quindi con la 320 senza tappo, ma ripiegata in tre parti, poi con carta 600 utilizzata con acqua. Ad ogni cambio di carta va cambiato il senso di levigatura: questo per eliminare le righe precedenti. Si termina con carta 1000, con acqua, e infine si lucida con pasta per lucidare e pulissoia a stracci. Si finisce quindi con pulissoia con spugna W8, abbassando la velocità. Il risultato è davvero soddisfacente. Viene raccomandato di smaltire subito e con attenzione eventuale residuo di materiale utilizzato, compreso il piccolo contenitore, in quanto si tratta di prodotto facilmente infiammabile.

 

Il discorso si allarga

L’interesse della platea per l’argomento trattato è alto, le curiosità e le domande abbondano e il relatore amplia il discorso alla lucidatura a poliestere in generale. Ci viene illustrato il processo completo di verniciatura di un intero strumento nei suoi passaggi essenziali.

Nella fase iniziale di preparazione, il pianoforte viene completamente levigato con carta a grana grossa, per favorire un’ottimale aderenza della laccatura. Si utilizza un compressore da 25 con pistola con foro da 1,8 e pressione di circa 2 bar: l’esperienza ovviamente rende possibile lavorare “a sensazione”. Poi, a temperatura ambiente (dai 10 ai 20 gradi e in ambiente chiuso e consono alla verniciatura) viene data allo strumento, ovviamente smontato, una mano di fondo isolante bicomponente.

Si procede poi con i vari strati di poliestere, del quale esistono due tipologie diverse: poliestere orizzontale, più liquido e brillante; e poliestere verticale, più denso e di più facile stesura per le fiancate e le parti verticali. In tutto, lo strumento riceve 7/8 stesure di vernice, in un tempo totale di 3/4 ore, considerando che tra una passata e la successiva la superficie deve presentarsi asciutta, ma leggermente appiccicosa.

Nel caso di pianoforti vecchi e molto danneggiati, la preparazione del fondo va curata molto bene: se necessario si può utilizzare stucco metallico da carrozziere. Nel caso invece di strumenti recenti, in condizioni discrete, è sufficiente una carteggiatura completa con carta grossa, dopodiché si possono applicare una o più mani di poliestere. La lira e le gambe ottocentesche (tonde e lavorate) vengono invece verniciate a poliuretanico: un tipo di finitura che non richiede la spazzolatura finale.

 

Scelta della vernice e condizioni ambientali

La verniciatura al poliestere è dura e robusta, ma sensibile agli sbalzi eccessivi di temperatura: un pianoforte che – dopo una giornata in teatro a 25 gradi – si trovasse a trascorrere una notte in furgone alla temperatura di meno dieci, sarebbe fortemente a rischio di importanti screpolature della vernice.

La verniciatura a poliuretanico, che si realizza anche nella variante satinata, è più tenera ma più economica, adatta a verticali o strumenti a coda economici. Il relatore Valerio Rampin, che con generosità ci ha resi partecipi dei segreti del mestiere, sottolinea che il lavoro di verniciatura globale resta opera da realizzarsi da parte di professionisti, dal momento che richiede, oltre che maestria ed esperienza, ambienti assolutamente adeguati. Resta auspicabile essere in grado di effettuare, dopo la pratica necessaria, le piccole riparazioni.

 

Uno spazio di discussione: la scuola, l’avorio

Si sfrutta l’ultima parte del pomeriggio per parlare brevemente di altre questioni rimaste in sospeso: la prima riguarda l’ipotesi di realizzare in Italia una scuola per tecnici del pianoforte. Dopo molti incontri e la valutazione di diverse opportunità, si è ritenuto a malincuore di accantonare questo progetto a causa dei numerosi ostacoli incontrati, burocratici, e non solo. Ostacoli che vengono brevemente illustrati alla platea presente da parte del direttivo.

La seconda questione riguarda la legislatura sull’avorio, poco chiara, e che ha già creato a vari soci guai e sanzioni. Mauro Maestri è, tra i soci, il più esperto in materia; espone quindi ai presenti la questione per sommi capi – ma con chiarezza. L’avorio – spiega Maestri – è un bene tutelato, come anche alcuni tipi di legno (palissandro, mogano ecc…), pertanto non è più utilizzabile, né commerciabile liberamente; né è più possibile avere pianoforti con tastiera in avorio (in negozio come in laboratorio) senza l’adeguata documentazione. Anche il possesso di singole placchette è attualmente soggetto a precisa regolamentazione. L’Ente che se ne occupa è la Guardia Forestale, attualmente accorpata ai Carabinieri: a loro va denunciato l’eventuale possesso di materiale in avorio.

La denuncia andrebbe adeguatamente completata con i dati di provenienza delle placchette e il loro numero esatto: cosa difficile, se non addirittura impossibile, nella maggior parte dei casi. La legge riguarda i pianoforti prodotti dopo il 1971: non è quindi assolutamente possibile commercializzare strumenti che montino tastiera in avorio prodotti in un periodo posteriore a questa data. Per quanto riguarda gli strumenti di produzione anteriore, essi vanno corredati di documento CITES, dopodiché sono in regola.
Nel caso si debba accogliere in laboratorio lo strumento di un cliente per una riparazione, è fondamentale pretendere dal cliente stesso un documento di autocertificazione di possesso redatto nel modo più esaustivo possibile; tale documento deve essere inviato tramite raccomandata o PEC. È bene notare che la non osservanza della legge comporta, in caso di controllo, sanzione, denuncia penale e sequestro del bene.

 

Andrea Pedralli

Martedì 7 settembre: parliamo di corde

Andrea Pedralli, socio Aiarp da più di 20 anni e oggi convinto Socio Sostenitore dell’Associazione, illustra rapidamente le tappe del percorso formativo che lo ha portato ad appassionarsi in particolare al corpo armonico del pianoforte. Tale percorso lo ha portato a specializzarsi nella realizzazione di corde filate e a sviluppare un metodo originale per ottimizzare il calcolo della cordiera.

La dimensione teorica ha risvolti pratici evidenti; Pedralli ha infatti messo a punto uno specifico strumento di misurazione per le corde; e ogni anno realizza più di 5mila corde filate, che lavora tensionandole a mano, pur avvalendosi dell’aiuto del motore.

 

Vita utile e durata delle corde

La durata delle corde di un pianoforte è spesso inferiore a quella dello strumento. Fra i motivi che ne rendono necessaria – o consigliabile – la sostituzione ci sono:
– invecchiamento;
– ossidazione;
– rottura;
– cattiva resa sonora.

A conti fatti, la vita utile di una corda si colloca all’incirca entro una forchetta che va da 15 a 25 anni. Nello specifico, il dato esatto dipende sia da quanto viene stressata, sia dall’ambiente nel quale è conservata. Oltrepassato questo termine, la corda perde elasticità, si ossida e peggiora la resa sonora, diventando spesso più ostile all’accordatura.

A questi dati, facilmente verificabili caso per caso, si deve aggiungere un ragionamento ulteriore sull’età del progetto: ovvero, i criteri costruttivi di una cordiera costruita in passato possono risultare oggi ampiamente superati.

 

Entrando in dettaglio: i parametri fisici

La resa sonora di una corda – continua Pedralli – dipende molto dal suo carico di lavoro – ovvero dalla trazione a cui è sottoposta: per una resa ottimale è auspicabile che essa lavori al 50% del suo carico di rottura. La corda però, quando è montata, ha dei punti di appoggio che creano inevitabilmente attrito.

La loro sola presenza è già sufficiente ad abbassare del 25% il potenziale di carico di lavoro; una corda montata, quindi, ha una resa del 75% rispetto alla medesima corda in configurazione lineare (ossia non montata).

Corde dei bassi e degli acuti lavorano in modo diverso: nei bassi la corda lavora a bassa tensione, perché è necessario che mantenga una certa elasticità per produrre un buon suono. Al contrario, negli acuti, è necessaria una certa tensione. In generale, oggi vengono prodotti pianoforti a trazione media (75/ 85% di trazione) mentre in passato alcuni marchi (Bechstein su tutti) raggiungevano valori di trazione particolarmente alti (85/95% di trazione).

 

La progettazione della cordiera tiene sempre conto della destinazione dello strumento: in linea generale, un pianoforte da concerto dovrà essere particolarmente performante e offrire quindi maggior tensione e maggior qualità di suono; mentre un piano da studio dovrà risultare più resistente, perché destinato a molte ore di lavoro e quindi capace di sostenere un forte stress delle corde.
Chiariti questi punti, il progetto della cordiera dovrà essere ottimizzato in modo da incrementare la linearità del suono e ridurre la necessità di intonazione dei martelli. Naturalmente anche questi calcoli differiranno in funzione della destinazione d’uso della cordiera: giusto per fare un esempio, nel caso specifico di pianoforti da concerto accade spesso che già nel progetto originale siano presenti accorgimenti che tendono a risolvere meglio il cruciale passaggio tra i due ponticelli, ad esempio i “bassetti” (cioè alcuni cori a tre corde filate presenti sul ponticello degli acuti).

Un dato a parte riguarda i cordoni: è consigliabile che questi abbiano un diametro massimo di 6,7/6,8 mm per non avere rigidità eccessiva.

 

Gli strumenti di lavoro

Chiarite tutte queste premesse, Pedralli mostra alla platea dei partecipanti il set completo di attrezzi necessario per svolgere il suo lavoro; su tutti, desta particolare interesse un geniale metro a nastro ottimizzato con l’aggiunta di un occhiello e di dimensioni adeguate per un agile impiego all’interno del pianoforte. La misurazione corretta e precisa delle corde da sostituire è infatti il presupposto fondamentale per una buona riuscita del lavoro.

Se in possesso di tutte le misure delle corde (purché naturalmente queste siano state rilevate in modo esatto), un bravo tecnico è assolutamente in grado di realizzare una cordiera, anche senza avere in mano materialmente i campioni.

La serie degli attrezzi comprende guanti da lavoro leggeri (tipo giardinaggio), scatole di acciaio da due kg, matasse di rame di vario peso, micrometro millesimale da un giro pari ad un mm, calibro digitale, pistola ad aria compressa per l’inserimento delle caviglie, microtrapano elettrico con accessorio per fare i primi giri d’acciaio sulle caviglie, pinze tonde, tronchese, spaziatore, uncino… oltre naturalmente ai manuali tecnici di testo che costituiscono le fonti di riferimento, e che il relatore ha cura di presentarci.

 

Un esempio pratico

Il pianoforte utilizzato a titolo dimostrativo è un vecchio quarto di coda Allison, che appare in condizioni precarie. Pedralli esegue a questo punto il montaggio di una corda: il suo intento specifico è quello di chiarire il modo in cui affrontare alcuni passaggi critici onde evitare il più possibile inutili e dannose torsioni.

Lo strumento è stato protetto in tutte le parti in cui questo si è reso necessario per non danneggiarne il mobile durante la lavorazione: la zona caviglie, in particolare, è stata dotata di una protezione in multistrato che funge anche da comodo appoggio.

La corda filata viene infilata sulla punta, dove l’occhiello viene al momento fermato con un tubetto; l’altra estremità viene tagliata della lunghezza adeguata perché possa fare tre giri attorno alla caviglia. L’acciaio viene poi infilato (a filo, senza fuoriuscire) nella caviglia, che si trova ancora in mano al tecnico, ma già nella posizione corretta, appunto per evitare torsioni. Viene dato un giro di carica (il pianoforte, in questo caso, è corto), per assicurarsi che le spire conservino una buona aderenza durante la trazione; infine la caviglia viene inserita nel somiere, all’inizio con l’aiuto di un utensile elettrico, poi con una mazzetta. Il risultato ottimale si ottiene quando la parte di acciaio che raggiunge la caviglia risulta parallela al telaio di ghisa sottostante.

 

Andrea Pedralli e Salvatore TarantinoParlando di disarmo

A questo punto il relatore offre una panoramica generale sulle operazioni di disarmo della cordiera: prima si smontano i bassi, poi si scaricano gli acuti allentando prima una corda in ogni coro, poi la seconda corda in ogni coro, infine si levano tutte le corde. A monte di ciò, è ovviamente necessario prendere tutte le misure nel modo più completo possibile: ovviamente la sezione dei bassi richiede una misurazione molto curata e capillare (distanza fra centro dell’occhiello – prima punta, distanza punta – inizio filatura, distanza filatura – agraffe, ecc).

Per le corde bianche serve misurare solo la parte vibrante (la corda centrale di ogni coro), mentre nei bassi le misure vanno rilevate su ogni singola corda. Le misure vengono prese in mm, e ci viene mostrato come utilizzare il misuratore creato dallo stesso relatore, dotato di un apposito occhiello: un attrezzo che all’atto pratico si rivela molto comodo.

Se sono presenti i bassetti, trattandosi di corde filate, questi vanno misurati individualmente.
Vanno ovviamente misurati anche tutti i diametri.

 

Un esempio di ottimizzazione della cordiera

Viene effettuato a questo punto il calcolo per la nuova cordiera ottimizzata. Pedralli si avvale di un foglio di calcolo realizzato in Excel: una maschera all’interno della quale vanno inseriti tutti dati conosciuti e i dati che la lunga esperienza gli ha insegnato ad individuare e che la pratica gli ha poi reso possibile confermare.

Fra questi ultimi ci sono ad esempio i dati relativi all’allungamento che la corda guadagna con la messa in tensione.
In linea generale egli ha ormai verificato che la parte di corda non filata, dal lato dell’occhiello, guadagna 2mm di allungamento in montaggio. Il programma calcola il margine di rottura: in questo caso emerge come la cordiera originale dello strumento fosse stata progettata per lavorare a media tensione.

 

L’intento del nuovo calcolo è di diminuire un po’ la forza di trazione, sempre seguendo la linea di tendenza del progetto originale, per non modificarne l’impostazione. Si vuole un risultato con il quale le corde non superino il 50% del carico di rottura e il punto di passaggio acuti-corde filate venga scaricato leggermente di più. Vengono naturalmente inseriti ed elaborati i dati di ogni singola corda.
Un ragionamento a parte è riservato alla filatura in rame. Il relatore chiarisce a questo proposito che quando la misura dell’acciaio supera il valore di 1,40 deve eseguita la filatura doppia, con rame interno di misura equivalente all’incirca alla metà di quello esterno. Pedralli ha cura di dimostrare con un esempio pratico quanto sia migliore il suono prodotto da una corda con doppia filatura rispetto a quello prodotto, per la stessa nota, con la corda realizzata a filatura semplice. Il grafico finale mostra che la nuova cordiera progettata ha una maggior omogeneità, dal momento che la progressione è più dolce. Tale risultato è il frutto di grande competenza, desiderio di migliorare la propria capacità professionale e abilità nell’utilizzo e applicazione della tecnologia moderna.

La platea dei soci presenti è molto grata al collega Andrea Pedralli.

 

Presentazione Renner

 

Mercoledì 8 settembre: la meccanica al centro

L’ultima giornata del seminario è presieduta da Jonathan Vornehm, Maestro costruttore e responsabile dell’Ufficio Tecnico Renner. A lui si affianca l’ingegner Luigi Testa, che si occupa anche della traduzione in successiva. Ci viene sostanzialmente presentata ed illustrata nel dettaglio tutta la produzione della ditta Renner.

Si parte dalla martelliera: nell’illustrarne le diverse tipologie, i relatori si soffermano sulle procedure più adeguate per una corretta rilevazione dall’originale delle misure dei pezzi di cui si dovesse rendere necessaria la sostituzione. La procedura è facilitata dalla disponibilità sul sito Renner di una scheda compilabile dotata di illustrazioni che facilitano l’individuazione delle misure necessarie.

 

A proposito di feltri

La fabbrica Renner utilizza feltro WÜRZEN. Questo viene prodotto in due tipologie: standard e spezial.
Il tipo standard è molto buono e docile all’intonazione; ma la tipologia premium (la cui lana subisce meno lavaggi durante le fasi di lavorazione) è leggermente più grassa, e risulta quindi più sostenuto e leggermente più pesante.

Sostituzione dei martelli: quali misure fornire?

Il relatore si addentra a fondo nei particolari delle misure dei martelli, dettagliando comprende lunghezza, larghezza della testa, inclinazione del martello, punto di foratura.
Sempre in ottica di sostituzione parziale o totale, Vornehm raccomanda che la misura dei pezzi consideri sempre il primo e l’ultimo martello di ciascun settore della meccanica. Nel caso in cui per una nuova fornitura si decida di inviare alla fabbrica l’intero martello, anziché le sue semplici misure, va sempre specificato anche il numero del tasto corrispondente.

Per la misura dell’inclinazione è fortemente consigliato l’impiego del misuratore d’angolo Renner, uno strumento molto facile da usare. L’inclinazione consigliata da Renner è di 91 gradi per il coda e di 87,5 gradi per il verticale. Si possono richiedere comunque martelliere con specifiche diverse, con tempi di attesa leggermente più lunghi.

La fabbrica è inoltre disponibile alla fornitura di lavorazioni aggiuntive; fra le opzioni possibili ci sono feltro tagliato, assottigliamento delle code, incollaggio degli stiletti (quest’ultima opzione è possibile solo nel caso in cui si siano scelti stiletti Renner).

Una particolarità che caratterizza il martello Renner è il sistema di incollaggio testa-stiletto. Lo stiletto infatti ha sezione conica; mentre la testa, inizialmente dotata di foro cilindrico, viene alesata a mano per ottenere il foro conico. L’aderenza fra queste due forme trattiene più colla e garantisce una tenuta migliore. La colla utilizzata in fabbrica, di cui il relatore consiglia l’impiego, è colla organica (colla di osso).

 

Arianna Salvalaggio al termine del Recital tenuto per AIARP presso il Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme.Infine: il kit con la campionatura completa

Viene infine mostrata una valigetta provvista di un campione per tipo di ciascuna delle parti di ricambio prodotte da Renner: uno strumento che può risultare molto utile per un laboratorio di riparazioni. Gli occhi dei presenti si illuminano alla vista dell’apertura dei numerosi scomparti della valigetta, ma il prezzo di questo kit resta segreto: lo fornisce, su richiesta, l’importatore Piatino.

Nel tardo pomeriggio si conclude così il corso tecnico del 2023; un corso che era stato allietato, la sera precedente, anche da uno sbalorditivo recital tenuto da una bambina di soli 10 anni: Arianna Salvalaggio. La giovanissima pianista ha presentato al palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme un programma romantico, non privo di difficoltà e virtuosismo, eseguendolo con grande scioltezza.

Il corso si conclude con un saluto in videochiamata del presidente Luciano del Rio.

 

 

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